Muoversi tra Lucio Fontana e Paul Klee: una passione per il contemporaneo

apr 16, 2021

Qualsiasi sia il motivo che vi ha condotti qui, restate: abbiamo una storia di coraggio, determinazione, arte e meravigliosi fili colorati da raccontarvi. L’inizio di una avventura d’arte nel cuore del Piemonte, che da oltre settant’anni parla al mondo.


di Silvana Cincotti, storica dell'Arte

"Il Ponte Rosso" da Paul Klee, Arazzeria Scassa

La strada che conduce l’Arazzeria Scassa all’arte moderna segue un percorso per molti versi naturale. Ugo Scassa, fondatore dell’Arazzeria, all’età di ventisette anni lavorava come geometra, consulente tecnico del Coni per la provincia di Asti e progettista dello stadio comunale astigiano di via Foscolo, mai realizzato ma premiato con diversi riconoscimenti.


Quando per motivi di salute si trovò costretto ad allontanarsi dal lavoro cercò di trascorrere il tempo della degenza occupandosi di ciò che più gli piaceva: leggere la rivista fondata da Gio Ponti, Domus, pubblicazione che potete trovare ancora oggi nelle edicole, decidendo al contempo di sostenere l’esame per la maturità artistica e iscriversi alla facoltà di Architettura. Il possesso del diploma da geometra all’epoca non permetteva infatti l’accesso diretto ad Architettura ed era necessario ottenere preventivamente l’idoneità sostenendo gli esami di maturità presso un liceo Artistico. Autodidatta per tutte le materie, Ugo Scassa decise che per il disegno di figura sarebbe stato meglio rivolgersi ad un amico pittore, Filippo Scroppo, all’epoca assistente di Felice Casorati, frequentando le sue lezioni presso l’Accademia Albertina di Torino.

In contatto con l’ambiente culturale: conoscere e intraprendere

Scassa entrò così in contatto diretto con un mondo in fermento, quello dell’arte torinese dell’immediato Dopoguerra, grazie alla mediazione dello stesso Filippo Scroppo, membro del MAC torinese (Movimento Arte Concreta) che svolse un ruolo importante nell’elaborazione della sintesi delle arti, contribuendo in modo significativo al tentativo di abbattere i confini tra le arti e le tecniche.


Sarà proprio Scroppo a proporre a Scassa di lavorare insieme, convincendolo a rilevare parte di un laboratorio d’arte, dedicato principalmente alla produzione di tappeti. Si trattava della manifattura Redan di Pinerolo, gestito dalla signora Tron, che possedeva anche quello che noi oggi chiamiamo show room, a Torino, in via Viotti (zona centralissima, vicina Piazza San Carlo per intenderci), spazio espositivo arredato dalla mano geniale dell’architetto Ettore Sottsass Jr.


La produzione di tappeti Redan, annodati a mano, era realizzata su disegni preparatori, i cosiddetti cartoni, a firma di pittori contemporanei, tuttavia non era la produzione di tappeti ad essere in difficoltà, quanto piuttosto la gestione dello spazio espositivo, che la signora Tron non riusciva a seguire, cercando di stare al passo con il resto del lavoro. Si era così rivolta all’amico nella speranza di trovare, grazie alla sua posizione nell’ambiente artistico, un acquirente per il negozio.

1956: nasce la Galleria d’arte Il Prisma

Scroppo evidentemente fece rapidi calcoli e decise di andare a vederlo di persona, coinvolgendo in quella gita, che gli avrebbe cambiato per sempre la vita, anche il giovane Ugo Scassa. La struttura, l’ambiente, il sentore di potenzialità e creatività animarono talmente i due che decisero di rilevare il negozio e trasformarlo in una galleria d’arte. L’entusiasmo di entrambi convinse la signora Tron a non cedere del tutto l’attività, quanto piuttosto ad ampliarla con l’ingresso dei due nuovi soci; siamo arrivati così all’anno 1956, data di nascita della Galleria Il Prisma, all’interno della quale vennero esposti dipinti e sculture ed ebbero luogo le personali di Enrico Baj, Sandro Cerchi, Lucio Fontana, Arnaldo Pomodoro, Asger Jorn, Erich Keller.


Strada naturale, dicevamo, processo di avvicinamento graduale, fino ad una completa identificazione. Ugo Scassa non seguirà più la carriera di geometra, in pieno boom economico ed edilizio, ma vivrà di arte. Produrrà arte. A dispetto del forte disappunto del padre, Renato Scassa, impiegato presso la Cassa di Risparmio di Asti, che avrebbe invece preferito per il figlio una collocazione simile alla sua, un lavoro in banca. E siamo davanti ad una storia di disappunti tra padre e figlio che nel mondo dell’arte ricorre quasi come un topos, tanto da ricordarci il dispiacere ed il rammarico di un altro genitore, un certo Ludovico di Leonardo Buonarroti Simoni.

Chi esponiamo? Fontana!

Un anno dopo, nel 1957, per organizzare la mostra di Lucio Fontana, Scassa e Scroppo raggiunsero lo studio milanese dell’artista e, intenti a scegliere le opere d’arte da esporre, rimasero alla fine da soli a terminare la selezione, lasciando le chiavi di quello spazio che oggi farebbe felice qualsiasi curatore d’arte, alla portinaia, avvolgendo poi i quadri in coperte, legandoli saldamente al portapacchi dell’auto, sfrecciando alla volta di Torino con i primi celeberrimi tagli di Fontana sulle loro teste.


Queste esposizioni, queste esperienze se vogliamo corsare e all’epoca ancora meravigliosamente spregiudicate, permisero a Scassa di conoscere personalmente un mondo che, da sempre lo affascinava, ma che fino a quel momento aveva seguito solo tramite le riviste specializzate. La vicinanza con il mondo dell’arte contemporanea contribuì a farne il sensibile uomo d’arte, inserito e a suo agio nell’ambiente culturale. Nella galleria continuarono ad essere esposti tappati tessuti a firma Redan, su disegni dello stesso Sottsass Jr., di Andy Warhol ed altri esponenti dell’arte d’avanguardia, il loro costo piuttosto elevato tanto da poter essere comprati dalle famiglie Olivetti, Agnesi, Agnelli, Rizzoli.


Il nostro percorso però non è ancora giunto al punto di partenza. Va infatti detto che l’arte arazziera a quell’epoca non occupava certo i pensieri di Scassa, si occupava piuttosto dell’allestimento di mostre all’interno del Prisma e della gestione amministrativa della galleria, avvicinandosi alla progettazione d’interni ed alla realizzazione di oggetti d’arredamento. Siamo agli inizi di quella felice esperienza che chiamiamo Made in Italy e che muove qui i primi passi, esplorando il mondo del design.

Italia disegno: nodi, tappeti e un futuro d’arte davanti a sé

Intanto la produzione di tappeti continuava nel laboratorio pinerolese della signora Tron ed i manufatti godevano di buon mercato, tuttavia un certo dissapore rese difficili i rapporti tra Ugo Scassa e la signora Tron. Quest’ultima infatti sembra possedesse uno spiccato senso artistico, una grande capacità tecnica, ma difficoltà nella gestione imprenditoriale e i ritardi nelle consegne dei manufatti finirono per spazientire non poco la clientela che a poco a poco esaurì le richieste e quando nel 1957 la Redan chiuse definitivamente, Scassa rilevò l’attività, allontanandosi progressivamente dalla partecipazione in galleria.


È questo il momento in cui Ugo Scassa decise di trasferire il laboratorio ad Asti, utilizzando inizialmente soltanto due telai, collocati prima in via Carducci e poi in via Arrigo Boito: il proprietario dell’edificio di via Boito, quando fece costruire il fabbricato lo progettò per ospitare un cinema, mai realizzato, così Ugo Scassa ebbe la possibilità di utilizzare un vasto salone, privo di colonne, all’interno del quale posizionare tutti gli spazi necessari alla produzione dei tappeti.

Sì, perché inizialmente Ugo Scassa proseguì la creazione di tappeti, superando uno ad uno i problemi che gli si posero davanti, uno dei quali fu la gestione del personale, non avendo mai avuto a che fare prima con la manodopera. Ma all’audacia di questo passo venne in aiuto la figlia della signora Tron, Lucietta, esperta nella lavorazione dei tappeti, che si impegnò ad insegnare alle ragazze, selezionate ed inviate dall’Ufficio di Collocamento, il nuovo mestiere.


Nei piani e nelle idee di Scassa, la signora Tron avrebbe continuato a svolgere il lavoro di direzione del laboratorio e supervisione, ma la donna fece in realtà ben poche visite ad Asti e un errore nella realizzazione di un tappeto commissionato da Elena Olivetti, sorella di Adriano, spinse Scassa a prendere la decisione definitiva. Avrebbe interrotto definitivamente la collaborazione, avrebbe continuato da solo, i tappeti prodotti nel laboratorio astigiano avrebbero recato la firma Italia Disegno, la sua supervisione e il suo costante impegno.

Chiuso il laboratorio di Pinerolo, la signora Tron tentò comunque di continuare l’attività produttiva, provò a ripartire con una minima produzione di tappeti, aveva ancora con sé alcuni telai, senza tuttavia raggiungere risultati ragguardevoli. Dopo poco propose ad Ugo Scassa di acquistare le ultime macchine e così dopo aver rilevato la sua parte di società, Scassa comprò i telai rimanenti.  

E fu così che un giovane geometra, trasferitosi a Torino per realizzare il sogno di diventare architetto, entrò nel mondo dell’arte. Portando con sé la sua passione per il contemporaneo.

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