Reportage da Venezia: gli arazzi Scassa e l’arte contemporanea in Laguna

nov 25, 2018

Dal backstage della mostra Da Kandinsky a Botero, tutti in un filo (Palazzo Zaguri, Venezia) all’inaugurazione, un percorso che parla di arte contemporanea e di importanti opere.

L’organizzazione della mostra Da Kandinsky a Botero, tutti in un filo, inizia un anno prima dell’inaugurazione, avvenuta a Venezia nel novembre del 2018. L’incontro è tra Mauro Rigoni, Ad di Palazzo Zaguri, Donatella Avanzo curatrice della mostra, Massimo Bilotta, co-curatore dell’esposizione e neo-direttore dell’Arazzeria Scassa e Silvana Cincotti, curatrice esecutiva. 


Ugo Scassa, fondatore della celebre Arazzeria astigiana, è mancato da poco, a 88 anni. Massimo Bilotta, erede e continuatore della tradizione di famiglia, sta organizzando le attività della manifattura astigiana, perché il sogno di suo zio abbia continuità e si proporre in questo modo un evento che ne perpetui la memoria e il grande lavoro svolto, dalla fine degli anni Cinquanta ad oggi. In mostra verrà esposta una parte della Collezione Scassa, arazzi creati su disegno dei grandi artisti del Novecento insieme ad opere di selezionati artisti contemporanei. 


Le sale che ospitano l’evento sono quelle di un importante palazzo veneziano in Campo San Maurizio, Palazzo Zaguri, costruito tra il XIV e il XV secolo per volontà della famiglia Pasqualini, di origini milanesi, residenza che ospitò per lungo tempo le ricche collezioni d’arte che la famiglia aveva accumulato nel tempo, grazie al commercio della seta. Con l’Arazzeria Scassa tornano così altri fili, non più di seta, ma la lana dagli infiniti colori, tessuta a telaio. 


L’idea di fondo è quella di raccontare, attraverso il linguaggio visivo, l’avventura dell’arte che rinnova sé stessa, per mezzo di nuove forme, tramite il disegno, la tradizione e al contempo l’innovazione. Con un linguaggio antico come quello dell’arazzo, l’Arazzeria Scassa rivisita l’arte, soprattutto astratta, del Novecento. Ugo Scassa conobbe ed ebbe contatti diretti con molti degli artisti presenti nella mostra e per molti fu un amico, non sono un collega o un gallerista. 

L’organizzazione della mostra ha coinvolto numerose realtà museali e ha richiesto un notevole sforzo da parte di tutti per raggiungere il miglior risultato possibile. Ancora oggi Massimo Bilotta ricorda con stupore l’incredibile acqua alta che si sollevò al termine dell’inaugurazione, avvenuta alla presenza del professor Vittorio Sgarbi.


“La città” racconta Bilotta “sembrava stregata, lentamente vinta dall’acqua. Ogni tanto lasciavo le sale della mostra per verificare la situazione nel Campo e ora dopo ora l’acqua è salita, in maniera costante”. 


La mostra a Venezia è stata l’occasione per riprendere in mano alcuni arazzi, ad esempio alcune opere di Umberto Mastroianni e restaurarle in occasione dell’esposizione. Così hanno voluto infatti diversi collezionisti, che in previsione del prestito hanno chiesto alle sapienti mani di Katia e Franca Alcaro di ripristinare lo splendore di trame e colori. Katia, mogli di Ugo Scassa insieme alla sorella Franca, madre di Massimo, hanno lavorato presso l’Arazzeria fin dal suo esordio, quando Ugo Scassa vince il prestigioso appalto per la realizzazione degli arazzi per il transatlantico Leonardo da Vinci. 


I giorni prima dell’inaugurazione sono stati frenetici, con le ultime opere d’arte da sistemare, in modo particolare l’enorme tappeto realizzato da Ugo Scassa per l’archistar Renzo Piano, appeso quasi alla sommità della parete di una sala per buona parte dedicata al punto d’incontro tra scultura, disegno, architettura e naturalmente arte tessile. Durante le diverse fasi di allestimento della mostra, ci siamo alle volte soffermati a pensare quanto l’arazzo sia davvero “l’affresco del nomade” come scriveva Le Corbusier, una grande forma “d’arte flessibile”, capace di adattarsi alle molte curve di un palazzo medievale così come alle necessità, talvolta piuttosto anguste, di una nave. L’arazzo può essere arrotolato, siamo sempre dietro alle parole di Le Corbusier, può essere trasferito e ricondotto altrove e questo ben lo sapevano i grandi castellani del Medioevo, che proprio all’arazzo affidavano il prestigio e la bellezza delle loro dimore. 


Ci sono state poi le lunghe ore di redazione e stesura del catalogo, sotto lo sguardo di Paola Gribaudo, lo studio del percorso di visita, l’adattamento dei contenuti, il desiderio di trasmettere l’importanza di un secolo, il Novecento, così incredibilmente ricco di significati d’arte, così denso, alle volte così difficile da spiegare, da trasmettere. Spesso ci si è fermati a pensare ad Ugo Scassa, ai suoi esordi nella Galleria Il Prisma di via Viotti a Torino, le sue difficoltà ma anche la sua determinazione incrollabile a fare dell’arte la sua vita, il suo messaggio, la sua testimonianza, oggi patrimonio da preservare e continuare.


Abbiamo osservato, mescolati silenziosamente tra il pubblico, diversi visitatori affascinati e quasi ipnotizzati dal colore degli arazzi, dalle dimensioni, dal sottile gioco di sfumature che riprende, amplifica e magnifica il gesto del pittore, attoniti come fossero davanti ad un Big Bang dell’arte, una dilatazione esplosiva delle dimensioni finite, chiuse e coscritte della tela, ma che nell’arazzo diventano vera e propria dimensione, tanto da perdere il senso dell’equilibrio. 

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